Stamattina Papa Francesco è atterrato allo stadio Lungobisenzio di Prato, dove è stato accolto dal vescovo Franco Agostinelli, dal sindaco, Matteo Biffoni e dal prefetto, Maria Laura Simonetti. Poi il Papa con la papamobile si è spostato in piazza Duomo, dove ad accoglierlo vi erano ben 30mila persone in attesa sin dalle prime luci dell'Alba. Tra i migliaia di fedeli riuniti in piazza a sventolare le bandiere con i colori del Vaticano, vi erano anche numerosi cinesi con le loro bandiere della Repubblica Popolare Cinese.
Jorge Mario Bergoglio, prima di recarsi a Firenze per il Convegno Ecclesiale Nazionale, ha incluso anche la visita a Prato, l'incontro con imprenditori e operai, il pranzo con i poveri della mensa San Francesco Poverino e la messa nello stadio Franchi con i disabili e i malati.
Nella sua prima sosta a Prato, Papa Bergoglio ha dichiarato: "Sono qui come pellegrino, pellegrino di passaggio. Poca cosa, ma almeno la volontà' c'è'. La vita di ogni comunità' esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione e il veleno dell'illegalità. Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità', non si può' fondare nulla di buono sulle trame della menzogna e sulla mancanza di trasparenza. Ricercare e scegliere sempre la verità' non e' facile; e' pero' una decisione vitale, che deve segnare profondamente l'esistenza di ciascuno e anche della società', perché' sia più' giusta e onesta".
Il Papa ha aggiunto: “La sacralità di ogni essere umano richiede per ognuno rispetto, accoglienza e un lavoro degno; mi permetto qui di ricordare i 5 uomini e due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa a causa di un incendio nella zona industriale di Prato, vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone in cui lavoravano, in una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio di cartone e cartongesso, è una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni disumane di vita e questo non è lavoro degno. Ci è chiesto di uscire per avvicinarci agli uomini e alle donne del nostro tempo. Uscire, certo, vuol dire rischiare, ma non c’è fede senza rischio. Di fronte alle trasformazioni spesso vorticose di questi ultimi anni, c’è il pericolo di subire il turbine degli eventi, perdendo il coraggio di cercare la rotta. Si preferisce il rifugio di qualche porto sicuro e si rinuncia a prendere il largo sulla parola di Gesù. Ma il Signore, che vuole raggiungere chi ancora non lo ama, desidera che nasca in noi una rinnovata passione missionaria e ci affida una grande responsabilità. Chiede alla Chiesa sua sposa di camminare per i sentieri accidentati di oggi, di accompagnare chi ha smarrito la via, di piantare tende di speranza, dove accogliere chi è ferito e non attende più nulla dalla vita”.