Il nome del vento. Le cronache dell'assassino del re: 1
Se sei in cerca di una nuova trilogia forse l’hai trovata: Le Cronache dell’Assassino del re di Patrick Rothfuss, composto da tre libri, Il nome del vento, La paura del saggio ed il terzo di cui non si sa ancora nulla. Fra le trilogie lette finora questa ed Hunger Games sono le migliori, niente a che vedere con Maze Runner o Divergent. Se ti piacciono le storie d’intrighi, avventura e magia questa è la trilogia che fa per te.
Trama
Un locandiere di nome Kote, di cui nessuno saprebbe dire l’età, mite ma anche misterioso riceve una visita inaspettata: uno scrittore, Cronista, che vuole conoscere la sua vera storia, quella del leggendario Kvothe passato alla storia come mago, assassino, ribelle, musicista etc etc. Kvothe vistosi smascherato accetta ed inizia a raccontare la sua vita: nasce come Edema Ruth, una stirpe di nomadi musicisti ed attori, vede sterminare la sua famiglia da personaggi spietati, i Chandrian, alla cui esistenza nessuno crede più.
Solo e senza più nulla, Kvothe si avventura per la sua strada e fra espedienti e tanta sfortuna riesce ad arrivare all’Accademia dove s’insegna l’arcanismo. Anche qui una dura lotta per entrare e per restare, Kvothe troverà amici e nemici e soprattutto cercherà di raggiungere il suo obiettivo: trovare i Chandrian e vendicarsi.
Recensione
Personalmente apprezzo molto “Le Cronache dell’Assassino del re, Il nome del vento” quanto meno non è la solita trilogia su un mondo allo sfacelo salvato da ragazzini depressi e lagnosi. Quest’opera di Rothfuss, il primo capitolo della trilogia è stato pubblicato appena due anni prima di Hunger Games (uscito in Italia nel 2009) ma è assolutamente passato in sordina, il che è strano in verità perché il 2007 è anche l’anno in cui è terminato Harry Potter e credo che Rothfuss lo abbia letto. Non sto dicendo che sia una copia sputata del maghetto occhialuto per carità, ma forse Rothfuss è stato ispirato oppure voleva creare una sua versione di un giovane mago, in una scuola che tutti vorrebbero frequentare. Il risultato è Kvothe: un ibrido fra Harry Potter ed Oliver Twist, questo salta agli occhi dopo poche pagine, come Oliver Twist, Kvothe è orfano, povero, disprezzato ed emarginato e non ha certo vita facile.
Ciò che si apprezza di questa storia è la grazia con cui viene raccontata, la fluidità, nonostante sia un grosso e lungo monologo (intervallato dalle scene nella taverna) e la ricchezza di dettagli. Sin dall’inizio è ovvio che succederanno cose terribili e buona parte dell’inizio è un concentrato di tristezza e depressione ma ciò nonostante sono stata catturata ed ho subito voluto accompagnare Kvothe per la sua strada.
Ciò che viene spontaneo domandarsi, e che porta alla lettura del secondo romanzo è: come farà a trovare i Chandrian? Come farà a diventare una leggenda?